La tradizione dell’aperitivo milanese!

Milano è conosciuta anche con il soprannome “La Milano da bere”. Da questo si può facilmente comprendere che nella nostra città l’aperitivo è un vero e proprio must di fine giornata. Verso tardo pomeriggio, ovunque ci si trovi, si incontrano persone che, sedute ad un tavolino, sorseggiano in compagnia qualcosa da bere accompagnato da qualche stuzzichino e diversi piattini presi a buffet.

Questa tradizione è diventata ormai parte della nostra vita quotidiana, ma vi siete mai chiesti davvero quale sia la storia del famoso aperitivo italiano? Scopriamola insieme!

Nel V secolo a.C. il medico greco Ippocrate prescriveva ai pazienti affetti da inappetenza un medicinale di sua invenzione: il vinum hippocraticum, vino bianco e dolce, in cui erano macerati fiori di dittamo, assenzio e ruta.

Un antecedente del moderno aperitivo era consumato già nella Roma antica, il mulsum a base di vino e miele. Lo scopo era prorpio quello di stuzzicare l’appetito, una funzione questa che si intuisce anche dall’etimologia della parola “aperitivo”, che deriva dal latino “aperitivus” (che apre). Una bevanda, quindi, in grado di “aprire” e stimolare la sensazione di fame.

Il vinum hippocraticum venne poi tramandato di secolo in secolo, fino a giungere nelle sapienti mani degli erboristi medievali e furono proprio questi ultimi a giungere a una sorprendente scoperta.

A stimolare il senso della fame non erano quei particolari ingredienti, bensì il sapore amaro che essi rilasciavano. E non è un caso che, ancora oggi, i principali drink che amiamo bere durante l’ora dell’aperitivo siano prevalentemente caratterizzati da un classico retrogusto amaro.

Il vero aperitivo, inteso come abitudine alimentare e non come cura, nacque a Torino nel 1786 in una piccola bottega di liquori e vini gestita dal signor Antonio Benedetto Carpano, il quale ebbe la l’idea di vendere un vino aromatizzato che battezzò vermouth, dal tedesco wermut (assenzio).

Molti anni dopo ne venne donata una cassetta al re Vittorio Emanuele II, il quale disse di apprezzarlo per quel “punto e mezzo” (“punt e mes” in dialetto torinese) di amaro che aveva in più rispetto ai suoi simili. Così, il Vermouth Carpano (ribattezzato Punt e Mes) divenne l’aperitivo ufficiale di Corte.

La Casa Reale apprezzò così tanto la bevanda alcolica che concesse l’autorizzazione a usare la formula “Bianco Gancia, vermouth dell’Aristocrazia e della Regalità”.

Nel 1815, invece, il signor Ramazzotti di Milano creò per primo un aperitivo a base non vinosa, ponendo in infusione nell’alcol ben 33 fra erbe e radici provenienti da tutto il mondo.

In seguito a questi successi, in provincia di Torino, il produttore di vini Martini, entrato in società col commendator Rossi, mise in commercio un altro tipo di aperitivo di sua invenzione: il moscato di Canelli. Il suo gusto dolce lo rese il preferito dalle signore, perciò Martini e Rossi, per accontentare anche i palati maschili, ne crearono una versione più secca (l’attuale Martini Dry).

Per non essere da meno, nel 1862 il signor Gaspare Campari, proprietario di un noto caffè di Milano, lanciò un nuovo aperitivo amaro e, per distinguerlo dal vermouth, lo chiamò con un altro nome d’origine germanica: Bitter.

Ai tempi, l’aperitivo non era ancora ricco e variegato come oggi, bensì era legato all’abitudine di frequentare i luoghi di ritrovo e di cultura dove chiacchiere e discussioni si accompagnavano a intermezzi alcolici e stuzzichini.

Fu nel 1900 che, a Milano, l’aperitivo si trasformò in fenomeno sociale e il classico bicchiere di vino, accompagnato da olive e piccole “tapas”, si fece via via cocktail, e i drink diventarono sempre più innovativi e le liste dei menù sempre più lunghe, così come le tipologie di stuzzichini in abbinamento.

Negli anni Ottanta, infine, Milano ereditò la formula statunitense dell’Happy Hour e l’aperitivo iniziò a decollare definitivamente come formula mondana per eccellenza.

Per augurarvi un’estate frizzante, vi salutiamo con un fresco “Cin Cin”!